Prime applicazioni dei principi della Corte Costituzionale nella sentenza n. 410/2005 in materia di rilevabilità d’ufficio dell’incompetenza territoriale derogabile nel procedimento monitorio, in Giur. It., 2007, I, p. 2007

TRIBUNALE MILANO, 16 novembre 2006 (decreto)- LA MONICA Estensore. – J. F. s.p.a. – F. S. 

Ingiunzione (Procedimento per) – Giudice della fase monitoria – Contratto stipulato da consumatore – Competenza esclusiva ed inderogabile – Incompetenza territoriale – Rilevabilità ex officio – Sussistenza (C.p.c. artt. 633, 637; C. c. art. 1469 bis, 3° comma, n. 19; D. Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, art. 33).

È possibile per il giudice della fase monitoria rilevare ex officio la propria incompetenza territoriale qualora al contratto risulti applicabile la disciplina prevista per i contratti stipulati tra professionista e consumatore e quindi anche l’art. 1469 bis, 3° comma n. 19 c. c. (ora art. 33, 2° comma, lett. u, D. Lgs. n. 20612005, c.d. codice del consumo) che prevede la competenza territoriale esclusiva del giudice del luogo in cui il consumatore ha la residenza o il domicilio elettivo trattandosi di competenza inderogabile ed alla luce della sentenza n. 410/2005 della Corte costituzionale (1).

Omissis. – Visto il ricorso col quale J. F. S.p.a., agendo quale cessionaria di un credito originariamente in capo alla V. S.p.a., chiede a carico di F. S. l’emissione di decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo;

considerato che la prova scritta fornita a sostegno della richiesta ingiunzione è costituita dal contratto 21/12/2000 col quale la predetta finanziaria concedeva allo S., impiegato, un’apertura di credito a tempo indeterminato pari ad euro 1.032,91;

considerato che dal prodotto contratto non è desumibile che l’apertura di credito sia connessa a finalità imprenditoriali e/o professionali, sicché allo stesso contratto risulta applicabile la disciplina prevista per i contratti stipulati tra professionista e consumatore, e quindi anche l’articolo 1469 bis, 3° comma, n. 19, c.c. (ora riprodotto nell’art. 33, 2° comma, lett. «u» del codice del consumo 205/2006) che prevede la competenza territoriale esclusiva del giudice del luogo in cui il consumatore ha la residenza o il domicilio elettivo; rilevato che trattasi di competenza esclusiva ed inderogabile (cfr. ordinanza Cass. 13642/2006);

rilevato che la Corte Costituzionale, decidendo sulla questione di legittimità costituzionale, in relazione agli artt. 24 e 111, 2° comma, della Costituzione, dell’articolo 637, 1° comma, c.p.c. (nella parte in cui la norma avrebbe escluso, alla stregua di un orientamento della Cassazione, la rilevabilità d’ufficio dell’incompetenza per territorio oltre i casi dell’art. 28 c.p.c.), ha dichiarato « … non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità … » in quanto la formulazione dell’articolo 637 c.p.c. « … è compatibile con una interpretazione conforme a Costituzione … » (cfr. Corte Costituzionale, sentenza 2005/410), cosi aderendo alla prospettiva del giudice remittente secondo la quale la lettera dell’art. 637 « … non esclude la rilevabilità d’ufficio dell’incompetenza territoriale “semplice”» da parte del giudice del procedimento monitorio;

rilevato che lo S. risiede nel comune di Roma e che, alla stregua delle richiamate indicazioni giurisprudenziali, è rilevabile d’ufficio l’incompetenza per territorio di questo Tribunale;

P. Q. M. respinge la richiesta di decreto ingiuntivo. – Omissis.

(1) Prime applicazioni dei principi enunciati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 410/2005 in materia di rilevabilità d’uffìcio dell’incompetenza territoriale derogabile nel procedimento monitorio.

Una società presentava, avanti il Tribunale di Milano, ricorso per decreto ingiuntivo per ottenere la condanna di un impiegato residente a Roma al pagamento di una somma di denaro in forza di un contratto di apertura di credito a tempo indeterminato.

Il Giudice adito rigettava il ricorso rilevando d’ufficio la propria incompetenza per territorio in quanto alla fattispecie doveva applicarsi la disciplina a tutela del consumatore la quale prevede la competenza territoriale esclusiva ed inderogabile del giudice del luogo in cui il consumatore ingiunto ha la residenza o il domicilio elettivo [1], nonché in considerazione della sentenza della Corte costituzionale n. 410 del 3 novembre 2005 [2] .

Detta sentenza, come è noto, ha rigettato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 637 c.p.c., con riferimento agli artt. 24 e 111 Cost., nella parte in cui non prevede la rilevabilità d’ufficio dell’incompetenza territoriale derogabile nella fase senza contraddittorio del procedimento per ingiunzione, dovendosi ritenere che il giudice abbia detta potestà di rilevazione.

Non possiamo non chiederci la ragione per cui il Giudice, nel provvedimento in commento, abbia ritenuto di dover fare riferimento anche alla sentenza n. 410 del 2005 della Corte costituzionale, potendo, nella fattispecie, limitarsi a rilevare d’ufficio l’incompetenza territoriale, trattandosi di competenza esclusiva ed inderogabile ai sensi dell’art. 33, 2° comma, lett. u del D. Lgs. 6 settembre 2005, n. 206[3] e in proposito avanziamo due ipotesi, forse non alternative.

Secondo la prima, il Giudice estensore ha richiamato la citata sentenza della Corte costituzionale al fine di ancorare il proprio decreto di rigetto ai principi in essa espressi a prescindere dalla attuale interpretazione dell’art. 33, 2° comma, lett. u, del D. Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, secondo cui tale articolo configura un’ipotesi di competenza territoriale non solo esclusiva, ma anche inderogabile.

In altri termini, è come se il giudice nel provvedimento in commento avesse voluto dire che l’incompetenza è rilevabile d’ufficio perché ha carattere inderogabile; non di meno, laddove, in ipotesi, si volesse contestare tale inderogabilità, l’eccezione sarebbe comunque rilevabile alla luce della pronuncia della Corte costituzionale

n. 410/2005.

La seconda ipotesi delinea invece in capo al giudice estensore un intento, per cosi dire, divulgativo di quanto statuito dalla Corte nella citata sentenza in ragione degli importanti profili nella stessa evidenziati in una linea di tendenza volta ad una più adeguata e rinnovata applicazione dei principi enucleati nella nostra Carta

fondamentale agli artt. 3, 24, 25, 1° comma e 111.

Il provvedimento che si annota riveste allora particolare importanza ed è di precipuo interesse perché con lo stesso il Giudice non si limita a rilevare d’ufficio un’incompetenza territoriale inderogabile, ma fa propri i principi interpretativi e innovativi delineati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 410/2005, interpretativa di rigetto, in relazione all’art. 637, 1° comma c.p.c. ed è occasione per svolgere talune riflessioni in merito alla rilevabilità d’ufficio, nel procedimento monitorio, dell’incompetenza territoriale, ancorché «semplice», prospettata dalla Corte costituzionale nella citata sentenza.

La Corte costituzionale è stata chiamata a pronunciarsi sulla costituzionalità dell’art. 637, 1° comma c.p.c. per impulso di un giudice del Tribunale di Genova il quale, in un procedimento monitorio, sollevava questione di legittimità costituzionale di tale norma per contrasto con gli artt. 24 e 111, 2° comma, della Costituzione «nella parte in cui esclude, secondo il consolidato orientamento della Corte di Cassazione, la rilevabilità d’ufficio dell’incompetenza per territorio oltre i casi dell’art. 28 c.p.c.»[4] 

In merito alla rilevabilità d’ufficio dell’incompetenza territoriale inderogabile, dottrina e giurisprudenza da tempo affermano che, prima dell’emissione del decreto ingiuntivo, il giudice adito è tenuto d’ufficio alla verifica dei cosiddetti presupposti processuali[5] generali (giurisdizione, competenza, legittimazione ad agire, rappresentanza tecnica) e specifici (natura del credito, prova documentale del diritto) «provvedendo, quindi, al rigetto della domanda proposta in via sommaria in caso di mancato riscontro anche di uno solo di essi»[6].

Tra i presupposti processuali generali al vaglio del giudice investito del procedimento monitorio sembrerebbe quindi rientrare anche la competenza, in merito alla quale dottrina e giurisprudenza hanno sempre ritenuto doversi operare un distinguo.

Secondo l’orientamento prevalente [7] – almeno fino alla pronuncia della Corte costituzionale n. 410/ 2005 – il giudice della fase monitoria deve rilevare ex officio la propria incompetenza – rigettando quindi il ricorso – allorquando ravvisi un caso di competenza inderogabile ex art. 28 c.p.c. o, secondo la giurisprudenza prevalente, ravvisi un caso di competenza per territorio esclusiva inderogabile ai sensi dell’art. 3 3, 2° comma, lett. u, del D. Lgs. n. 206/2005, quale quello considerato nel provvedimento in commento. Tale potere di controllo ex officio non era invece riconosciuto al giudice investito della fase monitoria di fronte ad un’ipotesi di incompetenza territoriale derogabile, sul rilievo che, ai sensi dell’art. 38, 2° comma, c.p.c., tale incompetenza poteva essere eccepita solo dal convenuto con l’atto di opposizione ex art. 645 c.p.c.

La dottrina e la giurisprudenza argomentavano che l’eccezione di incompetenza territoriale derogabile poteva essere eccepita solo dalle parti tanto nel procedimento monitorio quanto nell’ordinario processo di cognizione ai sensi dell’art. 38, 2° comma, c.p.c.

Il rischio di un’impostazione come quella proposta dalla domina e dalla giurisprudenza richiamate, che precludeva al giudice del procedimento monitorio di rilevare ex officio l’incompetenza territoriale derogabile, era (ed è) l’abuso da parte dei creditori istanti, i quali avrebbero avuto ed avrebbero la possibilità di adire arbitrariamente un giudice incompetente per territorio e in luogo lontano per l’ingiunto, determinando in tal modo quest’ultimo a rinunciare all’opposizione la cui proposizione si profila disagevole e piu onerosa.

Tuttavia, le conseguenze della mancata opposizione a decreto ingiuntivo non sono equiparabili alle conseguenze della contumacia nel processo ordinario. Infatti, la mancata tempestiva costituzione del convenuto nel procedimento ordinario non produce gli effetti irreversibili della mancata opposizione al decreto ingiuntivo, comportando unicamente lo svolgersi di un giudizio avanti un giudice non competente senza alcun pregiudizio sotto il profilo del merito[8] della causa.

Al riguardo occorre ricordare, invece, l’attitudine al giudicato del decreto ingiuntivo non opposto e le rilevanti conseguenze della rinuncia, da parte dell’ingiunto, a radicare il giudizio di opposizione.

La giurisprudenza della Suprema Corte è concorde nel ritenere che «il decreto ingiuntivo non opposto nel termine di legge acquista piena autorità di giudicato estendendosi anche all’esistenza ed alla validità del rapporto giuridico presupposto del provvedimento di ingiunzione ed impedendo che quest’ultimo possa essere rimesso in discussione in un successivo giudizio, salva la sopravvivenza di fatti e situazioni nuove, verificatesi dopo la formazione del giudicato»[9] e che «qualora il decreto sia divenuto esecutivo non può essere più contestato il diritto che ne costituisce l’oggetto il che equivale ad affermare che, ai sensi dell’art. 2909 c. c., il diritto oggetto di accertamento nel procedimento monitorio può formare oggetto di giudicato» [10]

E non è di diverso avviso la dottrina prevalente [11] la quale, non discostandosi dal sopra richiamato orientamento della Suprema Corte di cui condivide l’iter logico argomentativo, ritiene anch’essa che possa riconoscersi la piena autorità di cosa giudicata al decreto ingiuntivo non oggetto di opposizione [12] .

Rileviamo tuttavia che, accanto al citato orientamento di dottrina e giurisprudenza secondo cui l’incompetenza territoriale derogabile non sarebbe rilevabile ex officio dal giudice del procedimento monitorio, si rinvenivano orientamenti in senso contrario che sostenevano la tesi della rilevabilità ex officio anche dell’incompetenza territoriale semplice con conseguente inapplicabilità dell’art. 38, 2° comma, c.p.c., oggi accolta dalla Corte costituzionale con la citata sentenza n. 410 del 2005.

Taluni Autori [13] e isolate pronunce di merito [14] osservavano che, essendo il decreto ingiuntivo emesso inaudita altera parte, riservare solo al convenuto la facoltà di sollevare eccezione d’incompetenza per territorio derogabile, non si attagliasse al procedimento monitorio che vede il contraddittorio posticipato ed eventuale.

È stato rilevato che «il sistema della contestabilità solo da parte del convenuto nella prima difesa e dell’irrilevabilità ex officio dell’incompetenza, in funzione della formazione di un accordo sulla competenza territoriale derogabile, può essere fondatamente predicato solo laddove il convenuto abbia la concreta possibilità di contestare la “scelta” del giudice ovvero di aderire all’indicazione factis operata dall’attore; ma, allorquando tale possibilità sia negata dalla stessa, particolare struttura del contraddittorio che esclude la convocazione del convenuto prima dell’emanazione del provvedimento (se del caso emesso in forma esecutiva) non sembra illogico ritenere che il giudice adito, che è in primo luogo il giudice della propria competenza, possa accertare, tra le condizioni del provvedimento favorevole, la sussistenza della propria competenza, anche prescindendo dalle regole di rilevabilità che l’art. 38 c.p.c. pone con riferimento al processo nel quale il contraddittorio è preventivo e non eventuale e differito» [15].

Satta osservava al riguardo che «si legge spesso nei testi che, essendo la competenza territoriale derogabile e il suo difetto non rilevabile ex officio il giudice al quale sia stato richiesto il decreto non possa rifiutarlo per motivi di incompetenza. Siamo dell’avviso che la soluzione sia assolutamente sbagliata, perché nel procedimento sommario la competenza agisce da condizione di ammissibilità e pertanto il Giudice non ha limiti nei poteri di disposizione delle parti» [16].

Prima della questione risolta con la sentenza n. 410 del 2005, la Corte costituzionale era già stata chiamata a pronunciarsi sulla costituzionalità del combinato disposto degli artt. 637, 1° comma, c.p.c. e 38, 2° comma, c.p.c., sì come interpretato dall’orientamento dominante, atteso il meccanismo distorto (possibile abuso da parte dei creditori istanti) sopra delineato che tali norme potevano assecondare. Tale meccanismo, veniva rilevato, costituiva non solo una violazione dell’art. 25, 1° comma, Cost., poiché avrebbe sradicato l’ingiunto dal suo giudice naturale, ma anche degli art. 24 e 111 Cost.: gli esiti di tali giudizi non furono, però, quelli sperati.

Con sentenza 28 novembre 1986, n. 251 [17] , la Corte dichiarava infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 38, 3° comma, c.p.c. in riferimento agli artt. 24, 2° comma, e 25, 1° comma, Cost. nella parte in cui preclude al Giudice di rilevare d’ufficio la propria incompetenza per territorio nel procedimento in contumacia del convenuto precisando che «non è lecito chiosare che la nozione di giudice naturale precostituito per legge nulla ha da vedere con la ripartizione della competenza territoriale tra giudici, dettata da normativa nel tempo anteriore alla istituzione del giudizio».

E con successiva ordinanza 25 giugno 1996, n. 218 [18], cui seguirono ordinanze del medesimo tenore [19], la Corte costituzionale rilevava che «gli inconvenienti fattuali e gli abusi applicativi che prospetta l’autorità rimettente, non incidono, proprio in quanto tali, sulla legittimità della norma denunciata e trovano peraltro sanzione e rimedio all’interno della stessa disciplina processuale potendo le “difficoltà’’, in tesi, artatamente create dal creditore al debitore ingiunto, essere valutate dal giudice dell’opposizione (innanzi al quale va eccepita l’incompetenza) ai fini della liquidazione delle spese» anche per la lite temeraria.

In tale contesto spiccano per il loro carattere innovativo la sentenza della Corte costituzionale n. 410 del 2005 ed ora anche il provvedimento in commento che ne recepisce l’indicazione.

La Corte costituzionale, nella richiamata sentenza, si mostra sensibile alla peculiare natura e struttura del procedimento monitorio rispetto al processo ordinario a cognizione piena, quando osserva che «il parallelismo con il rito ordinario è improponibile se si considerano gli effetti che discendono ex lege dal mancato esercizio del diritto di difesa conseguente al doverlo praticare in una sede disagiata: mentre il convenuto con il rito ordinario, che resti contumace, si vede preclusa soltanto l’eccezione di incompetenza ma non subisce alcuna automatica conseguenza pregiudizievole quanto al merito – equivalendo la contumacia ad integrale contestazione dei fatti costitutivi del diritto azionato dall’attore – l’ingiunto che non proponga tempestiva opposizione è irreparabilmente pregiudicato nel merito dalla irretrattabilità dell’efficacia esecutiva – originaria ex art. 642 c.p.c. ovvero acquisita ex art. 647 c.p.c. del decreto ingiuntivo. L’inconveniente fattuale che subisce il convenuto con il rito ordinario è di ben altro rilievo per l’ingiunto il quale è costretto se vuole evitare la definitiva soccombenza nel merito a proporre opposizione davanti al giudice funzionalmente competente arbitrariamente scelto dall’attore in monitorio».

Gli «inconvenienti fattuali», che nell’ordinanza della Corte n. 218/1996 non configuravano alcun pregiudizio per l’ingiunto, nella più recente sentenza della Corte acquistano invece, per la prima volta, un rilievo costituzionale. La Corte, forse proprio sulla base di tale nuova prospettiva, assimila la situazione dell’ingiunto a quella dello straniero convenuto davanti al giudice italiano che sia privo di giurisdizione, ipotesi in cui, in caso di contumacia, il giudice può rilevare d’ufficio il difetto di giurisdizione ovvero a quella di chi è destinatario di un’istanza cautelare concessa da un giudice incompetente: anche in tale ultima ipotesi, secondo la Corte, il giudice potrebbe rilevare d’ufficio la propria incompetenza. In ragione degli enunciati principi la Corte conclude condividendo la prospettazione del giudice remittente, pur non ritenendo di dover dichiarare l’incostituzionalità dell’art. 637 c.p.c. dal momento che – osserva la Corte -la sua «formulazione è compatibile con una interpretazione conforme a costituzione».

La Corte costituzionale ha dichiarato quindi che una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 637 c.p.c. non porta ad escludere la rilevabilità d’ufficio dell’incompetenza territoriale «semplice» nei casi diversi dall’art. 28 c.p.c.

La portata della sentenza interpretativa di rigetto e del provvedimento che si annota, che ne recepisce l’inegnarnento, è quindi di non poco rilievo.

Ammettere o, quantomeno, delineare la possibilità in capo al giudice adito nel procedimento monitorio di rivelare ex officio il proprio difetto di competenza territoriale, ancorché semplice, potrebbe ampliare la portata e l’applicazione di principi costituzionali dell’inviolabilità del diritto di difesa «in ogni stato e grado del

procedimento» (art. 24, 2° comma, Cost.) e del contraddittorio tra le parti (art. 111 Cost) che costituicono,

a loro volta, corollario del principio di eguaglianza[20].

Una lettura costituzionale dell’art. 647 c.p.c. nel senso delineato dalla Corte potrebbe rappresentare uno strumento utile, anche nei procedimenti di natura sommaria qual è il procedimento monitorio, ad evitare ad una delle parti un esercizio più gravoso del diritto di difesa ed addivenire cosi ad un più equo bilanciamento lel rapporto tra le parti che, in ultima analisi, vorrebbe dire accordare maggiore rispetto alle norme della Costituzione sopra indicate. Sembra, inoltre, che una interpretazione dell’art. 647 c.p.c. come quella proposta dalla Corte costituzionale, inducendo il creditore-ricorrente ad adire il giudice competente al fine di evitare un provvedimento di rigetto, porti anche ad una più concreta applicazione, non solo dell’art. 24 Cost, ma anche dell’art. 25 della Costituzione, di cui la Corte ha fatto recente applicazione anche nella sentenza n. 41 dell’8 febbraio 2006 [21] rilevando che «è costituzionalmente illegittimo, in riferimento agli artt. 24 e 25 Cost., il combinato disposto egli artt. 38 e 102 c.p.c., nella parte in cui, in ipotesi di litisconsorzio necessario, consente di ritenere improduttiva di effetti l’eccezione di incompetenza territoriale derogabile proposta non da tutti i litisconsorti convenuti» [22]

IDA USUELLI

1 Nello stesso senso Trib. Nocera Inferiore, 11 novembre 2003, in Gius, 2004, 265 ove il giudice del procedimento monitorio ha rilevato d’ ufficio la propria incompetenza territoriale avendo l’istante radicato il procedimento in foro diverso dal c.d. «foro del consumatore» ai sensi dell’art. 33, 2° comma lett. u del D. Lgs. 6 settembre 2005, n. 206.

2 La si legge in Giur. It., 2006, 1219 con nota di CONTE, Valenza costituzionale dei criteri della competenza e procedimento monitorio e con nota di TOTA, La (supposta) irrilevabilità d’ufficio dell’incompetenza territoriale «semplice» nel rito monitorio ancora al vaglio della Consulta.

3 Sulla competenza per territorio esclusiva nella disciplina a tutela del consumatore si vedano Cass., 13 giugno 2006, n. 13642; Id., 24 aprile 2006, n. 9532; Id., 5 agosto 2005, n. 16574; Id., 29 settembre 2004, n. 19594 e Id., Sez. un., 1° ottobre 2003, n. 14669, in Foro It., 2003, I, 3298, con nota di PALMIERI. Con tale sentenza la Corte ha composto il contrasto giurisprudenziale sulla portata e sull’applicabilità ratione temporis della presunzione di vessatorietà di cui al n. 19 dell’art. 1469 bis c. c., statuendo che tale disposizione «si presta ad essere interpretata nel senso per cui essa presenta il contenuto logico di una disposizione che, da un lato, configura il pertinente criterio di collegamento di competenza territoriale, dall’altro, ne esclude in linea di principio la deroga, ma, in quanto non la esclude in modo assoluto indica la condizione alla quale può essere ammessa: ed a questo fine richiede al professionista di provare che, nel caso concreto, la deroga non determina squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto» e che «ha natura di norma processuale e si applica nelle cause iniziate dopo la sua entrata in vigore, anche se relative a controversie derivanti da contratti stipulati prima»; in dottrina v. DALMOTTO, Un foro esclusivo per il consumatore?, in Giur. It., 1997, IV, 161.

4 Trib. Genova, 27 luglio 2004, in Guida al Dir., 2005, fasc. 4, 81.

5 MANDRIOLI, Corso di diritto Processuale Civile, I, Torino, 2006, 42 e ID. voce «Presupposti processuali», in Noviss. Dig. It., XIII, Torino, 1966, 785; CALAMANDREI, Il procedimento monitorio nella legislazione italiana, 1926, 45.

6 Trib. Campobasso, 31 ottobre 2001, in Giust. Civ., 2002, I, 2947 con nota di TOTA, Sulla rilevabilità ex officio dell’incompetenza territoriale nel rito monitorio.

7 In dottrina GARBAGNATI, Il procedimento d’ingiunzione, Milano, 1991, 277; ANDRIOLI, Commento al Codice di procedura civile, IV, Napoli, 1964, 48; D’ONOFRIO, Commento al Codice di procedura Civile, II, Torino, 1957, 246; in giurisprudenza Cass., 6 febbraio 1969, n. 400, in Giur. lt., 1969, I, 1, 1348; Id., 17 giugno 1974, n. 1786.

8 La giurisprudenza prevalente non ritiene che la contumacia comporti ammissione dell’esistenza dei fatti dedotti dall’attore a fondamento della domanda; cosi ex multis Cass., 6 febbraio 1998, n. 1293; Id., 9 marzo 1990, n. 1898, in Giur. It., 1990, 259. Tale principio non trova applicazione nel nuovo processo societario ove, ai sensi dell’art. 13, 2° comma, D. Lgs. 17 gennaio, n. 5 e successive modificazioni, i fatti affermati dall’attore che abbia formulato istanza di fissazione dell’udienza si intendono non contestati e idonei a fondare la decisione in caso di mancata o tardiva costituzione del convenuto. Tale disposizione non sfugge alle critiche di autorevole dottrina e sul punto si rimanda a DALMOTIO, Il procedimento ordinario, sommario e cautelare nel nuovo processo societario, finanziario e bancario, in Il nuovo diritto societario, Commentario, diretto da Cottino, Bonfante, Cagnasso e Montalenti, Bologna, 2004, 2844.

9 Cass., 21 novembre 1997, n. 11641, in Giust. Civ., 1998, I, 1353; conformi Cass., Sez. Un., 12 luglio 2005, n. 14546; Cass., 11 giugno 1998, n. 5801, in Giur. It., 1999, 189; Cass., 20 aprile 1996, n. 3757, in Foro It., 1998, I, 1980 nella quale si afferma il principio secondo cui gli effetti di giudicato sostanziale si estendono non solo alla decisione relativa al bene della vita chiesto dall’attore ma anche quella, implicita, inerente all’esistenza e validità del rapporto sul quale si fonda lo specifico effetto dedotto trova applicazione anche con riferimento al decreto ingiuntivo non opposto nel termine di legge; da ultimo Cass., Sez. un., 1° marzo 2006, n. 4510, in Giur. It., 2006, 2107 con nota di MAFFUCCINI, Chi notifica non acconsente: ovvero non si forma giudicato sulla parte di domanda non accolta nel decreto ingiuntivo.

10 In motivazione Cass., 20 aprile 1996, n. 3757, cit.

11 GARBAGNATI, Il procedimento di ingiunzione, cit., 123; MANDRIOLI, Corso di Diritto Processuale Civile, cit., 166; LANFRANCHI, Profili Sistematici dei procedimenti decisori sommari, in Riv. Trim. Dir. e Proc. Civ., 1987, 88; COLLA, Il decreto ingiuntivo, Padova, 1995, 268.

12 Non sembra questa la sede opportuna per discutere la tesi minoritaria e che non trova eco nella giurisprudenza di legittimità e di merito secondo cui il decreto ingiuntivo non opposto non acquista lautorità di cosa giudicata ma darebbe luogo ad un fenomeno di tipo diverso definito «presunzione-preclusione pro iudicato» sebbene sostenuta da autorevole dottrina CREDENTI, Diritto Processuale civile, III, Milano, 1954; MoNTESANO, La tutela giurisdizionale dei diritti, Torino, 1984; PROTO PISANI, Appunti sul giudicato civile e sui suoi limiti oggettivi, in Riv. Dir. Proc., 1990, 386).

13 CAPPONI, Procedimento monitorio e competenza territoriale semplice, in Corriere Giur., 1996, 100; TOTA, Sulla rilevabilità ex officio dell’incompetenza territoriale nel rito monitorio, in Giust. Civ., 2002, I, 2948; ToMEI, La competenza per territorio nel procedimento ingiuntivo, in Studi in Onore di Vittorio Denti, III, Padova, 1994, 527.

14 Pret. Padova, 9 ottobre 1982, in Foro Pad., 1984, I, 171; Giud. pace Napoli, 1° agosto 1995, in Corriere Giur., 1996,

15 CAPPONI, op. cit., 101.

16 SATTA, Commentario al codice di procedura civile, IV, 1, Milano, 1968, 49.

17 La si legge in Foro It., 1986, I, 2969.

18 La si legge in Foro It., 1997, I, 1020 con nota di RoMBOLI.

19 Vedi Corte cost., 26 luglio 1996, n. 320, in Giur. Cost., 1996, 2620; Id., 16 dicembre 1996, n. 394, in Giur. Cost., 1996, 3635.

20 PROTO PISANI, Principio del contraddittorio, in Comm. cod. proc. civ. a cura di E. Allorio, I, 2, Torino 1973, 1086; MARTINETTO, voce «Contraddittorio (principio del) », in Noviss. Dig. It., IV, Torino, 1964, 459; CAMOGLIO, La garanzia costituzionale dell’azione ed il processo civile, Padova, 1970.

21 La si legge in Foro It., 2006, 4, 1, 973, con nota di Costantino.

22 A ben guardare l’esistenza di uno stretto collegamento tra i principi costituzionali e norme regolatrici della competenza sembra essere dimostrato da alcune precedenti sentenze della Corte costituzionale la cui portata oggi, dopo la sentenza n. 410/2005, potrebbe essere notevolmente rivalutata. In proposito si vedano Corte cost., 24 gennaio 1969, n. 4, in Giur. It., 1969, I, 1, 385; Id., 7 ottobre 1993, n. 369, in Cons. Stato, 1993, II, 1659; Id., 9 marzo 1990, n. 117, in Foro It., 1990, I, 2431; per un piu approfondito esame sugli interventi della Corte costituzionale in materia di norme sulla competenza si rinvia alla nota di CONTE, Valenza costituzionale dei criteri della competenza e procedimento monitorio, cit.